Innamorato della Roma
Igino Betti fu presidente della Roma dal novembre 1935. Giorno dopo giorno si appassionò sempre più ai colori giallorossi e con determinazione e rigorosità rinnovò le energie del club, d'animo e di risorse economiche. Senza raccogliere tanti successi nei suoi prima anni di presidenza, la sua Roma colse nel 1938/39 un quinto posto e alla fine, un anno dopo la sua partenza, a mettere le mani sul tricolore.
Fu Betti ad avere la grande intuizione di portare nella Capitale Alfred Schaffer, un allenatore sconosciuto nell'ambiente italiano che guidò la squadra capitolina al suo primo storico trionfo nel 1942. Il Conte prese la Roma che non esisteva e la lasciò appena prima dello scudetto.
Francesco Zerbi, genero d'Igino Betti e Presidente della Fondazione da lui voluta lo ricorda così: "Aveva una gran passione per lo sport e per i colori giallorossi ed essendo uno sportivo entusiasta, riuscì a portare la Roma, la sua squadra, a combattere contro le formazioni del nord. Testaccio lo mise a posto lui, lo sistemò. Silvio Sensi costruì il Campo con le tribune in legno e Betti, negli anni, lo risistemò.
Igino Betti seguiva la squadra sempre, sia in casa che in trasferta. Era uno che ci teneva e progettava per far crescere la sua squadra. Progettò anche lo scudetto, solamente che, quando arrivò il 1941, abdicò e la squadra che lui lasciò vinse lo Scudetto. Un abbandono per stanchezza, per motivi superiori, per cause non dovute alla sua volontà. Lasciò per ragioni di guerra perché altrimenti non l'avrebbe mai abbandonata la Roma. Era appassionato, anche dopo il suo ritiro. Mi ricordo che quando Evangelisti trasformò la squadra da associazione a società e mi disse "devi portarmi la valigia che ha tuo suocero". La valigia era piena di tessere vitalizie perché quando Betti tirava fuori dei soldi, lo faceva di tasca sua. Non se li faceva ridare dalla società ma si faceva pagare in tessere, tante da riempire una valigia. Soldi donati al club per l'amore che lo legava a Roma. Ha sempre seguito la squadra, anche dall'esterno quando non era più alla dirigenza, ed è rimasto sempre amico dei Presidenti successivi. Mi ricordo che mi trovavo a fare il tifo allo Stadio, quando andavo con lui a veder le partite, a me entusiasmava qualsiasi bell'azione e lui mi dava i pugni sulla testa perché dovevo partecipare solo alle azioni della Roma. Gli acquisti che faceva li faceva con i soldi suoi. Vedeva i giocatori, sapeva sceglierli, si fidava e teneva molto al rapporto con gli allenatori. Voleva che gli uomini scelti da lui rispondessero alle esigenze della squadra, li seguiva. Altrimenti li metteva fuori senza nessuna pietà. Il rapporto con i giocatori era ottimo, li coccolava, ma con rigidità, voleva ed esigeva il massimo. Non per lui, ma per la Roma. Li portava a fare gite, a Monte Rotondo nella sua bellissima tenuta a fare le carciofolate. Viveva con la squadra. Aveva portato le sue qualità imprenditoriali nella sua passione sportiva e univa le due cose insieme per raggiungere risultati importanti. Tutto quello che faceva lo voleva fare al meglio. Era molto determinato ma come in tutte le sue cose lui programmava, non amava improvvisare. La Roma, per esempio, la prese distrutta e la organizzò, la programmò fino allo scudetto. Amava Roma e la Roma sopra ogni altra cosa.".
Igino Betti, presidente della Roma dal 1935 al 1941.
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Ultima modifica di questa pagina: 28/09/2020